(Stai leggendo una pagina di AFRICAN JOURNAL - il diario del mio viaggio in Zambia nel 2012.
Trovi il resto sotto l'etichetta Africa. Sì, qui le cose semplici vanno alla grande.
Se vuoi altre info sull'associazione con cui sono partita, scrivimi, orsù: esplorattrice@gmail.com)Trovi il resto sotto l'etichetta Africa. Sì, qui le cose semplici vanno alla grande.
h 19:30 Chipata ZAMBIA - DAY 4
Diciamo che non siamo di buon umore. Almeno non lo sono io di certo.
Cominciamo proprio maluccio: il nuovo referente per i pozzi, Fox, ci ha lasciati in attesa di sue notizie per molte ore oggi. Proprio troppe.
L'unico dato positivo verificato è che i tubi in inox ci sono davvero, ce li ha portati in visione, tipo tre ore dopo averci detto Sto arrivando. Alla buon'ora, comunque sembra tutto pronto per il primo scavo. Incrociamo le dita e restiamo tesi come tamburi.
Abbiamo dedicato la mattinata a visitare alcuni villaggi in cui l'associazione ha costruito pozzi l'anno scorso.
Mappe, navigatore, indicazioni stradali e ogni altra nozione per spostarsi in questo territorio sono nella testa di Bambo Francis. Sembra non ci siano altri modi per sapere dove andare e come arrivare.
Mappe, navigatore, indicazioni stradali e ogni altra nozione per spostarsi in questo territorio sono nella testa di Bambo Francis. Sembra non ci siano altri modi per sapere dove andare e come arrivare.
Qualcosa di stupefacente. I villaggi sono sparpagliati nella savana, affiorano improvvisamente dalle sterpaglie. La gente spunta dal nulla, ne distingui da lontano i i colori sgargianti delle magliette e dei citenge, i teli che le donne utilizzano come gonne e come marsupi per trasportare i bimbi sulla schiena.
Le capanne rotonde coi tetti in paglia sono affascinanti e le costruzioni attorno, granai, recinti, pollai, ognuno diverso dall'altro, dipingono quadri originali e unici. Nei paraggi di ogni villaggio non manca un campo da calcio. Ovvero nient'altro che un'area senza alberi con delle porte in legno che ne suggeriscono l'uso.
Io avevo visto cose del genere solo nei documentari. Trovarsi qui, LIVE, è come essere sbarcati su Orione.
Io avevo visto cose del genere solo nei documentari. Trovarsi qui, LIVE, è come essere sbarcati su Orione.
Ne sono stregata. E' incredibile pensare che queste persone probabilmente non hanno la minima idea di cosa ci sia fuori dalla loro realtà.
Non hanno contatto con l'ALTROVE.
Non hanno contatto con l'ALTROVE.
La vita media in Zambia è 15 anni.
15 anni, diobenedetto. Sono una anziana per loro. E' pazzesco. Mi guardavano con stupore. Anche maggiore di quello che provavo io. Io sono l'aliena qui.
La visita nel primo villaggio incontrato, non me la sono goduta pienamente. Ero a disagio.
Mi sentivo un'idiota nello scattar foto in continuazione. Avevo anche paura di offenderli. Non è mica un circo.
Le loro reazioni in seguito mi hanno tranquillizzata: alcuni bimbi si mettono in posa, altri sperano di essere fotografati e se faccio veder loro l'immagine scattata che compare nel display della macchina, impazziscono dalla gioia, cacciano urletti di stupore in coro, da farti sciogliere.
Cos'è la meraviglia, me lo insegnano così, semplicemente.
Cosa dovrei fare per emozionare così dei bimbi italiani? Non sarebbe altrettanto facile.
Mi osservavano - mi sono sentita così strana.
I pozzi funzionano bene, sono il centro della loro quotidiana sopravvivenza nella savana. E' qualcosa di immenso per loro.
I pozzi funzionano bene, sono il centro della loro quotidiana sopravvivenza nella savana. E' qualcosa di immenso per loro.
Nel corso della mattinata abbiamo incontrato anche un paio di draghi.
Rabbia e frustrazione. Toh. Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?
Sono riaffiorati prepotenti i dubbi che avevo all'inizio dell'avventura con l'associazione.
A cosa serve tutto questo? Ciò che facciamo cambia le cose?
Rabbia e frustrazione. Toh. Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?
Sono riaffiorati prepotenti i dubbi che avevo all'inizio dell'avventura con l'associazione.
A cosa serve tutto questo? Ciò che facciamo cambia le cose?
Queste ombre sono comparse quando abbiamo visitato la clinica che Bambo Francis è riuscito a costruire lo scorso anno, con delle donazioni arrivate dall'Italia.
E' abbandonata.
Non ci si crede.
Non ci si crede.
Da alcuni mesi è rimasta senza custodia, vi hanno rubato i pannelli solari dal tetto, alcune finiture iniziano a cadere a pezzi.
L'attività sanitaria non è mai partita. Perchè?
Non c'è nessuno che può occuparsene.
Ma porco giuda. Come è possibile? Avrei preso a pugni un albero.
Decine di migliaia di euro buttate? Ma soprattuto migliaia di persone che per farsi curare devono raggiungere altre strutture a decine di kilometri dalle loro case? PERCHE'?
Mi sono sentita desolata, attonita.
Tra gli altri, uno dei primi pensieri che è affiorato era terribile, severo e lapidario:
Ma allora non ve lo meritate! L'aiuto va sprecato.
Ma allora non ve lo meritate! L'aiuto va sprecato.
E' la morale cattolica che genera un tale giudizio di colpa? Me ne vergogno moltissimo ma questo pensiero è arrivato. Nitido.
Non siete degni. Ci si deve guadagnare l'aiuto altrui.
Senti, senti. Che riprovevoli idee sono affiorate.
Le ho ascoltate tra i pensieri, le ho osservate. Le ho lasciate svanire in questo cielo immenso.
Miodio, quanta spazzatura nei pensieri e quante emozioni buie vi sono avvinghiate. Mi son sentita una discarica.
Senti, senti. Che riprovevoli idee sono affiorate.
Le ho ascoltate tra i pensieri, le ho osservate. Le ho lasciate svanire in questo cielo immenso.
Miodio, quanta spazzatura nei pensieri e quante emozioni buie vi sono avvinghiate. Mi son sentita una discarica.
Il tentativo della clinica sembra fallito.
Sembra.
Lo sarà davvero se a distanza di tempo - quanto altro tempo? - la struttura rimarrà abbandonata
o ancora
se nessuno - Bambo Francis e altri che come lui operano in queste zone - avrà imparato una lezione importante.
Mi sono ritrovata anche a giudicare lui.
Ho pensato: ma come diavolo puoi aver pensato che costruire un edificio fosse l'unico - seppur basilare - passo da compiere?
Ho pensato: ma come diavolo puoi aver pensato che costruire un edificio fosse l'unico - seppur basilare - passo da compiere?
Ora. Mi fermo. Respiro. Sono proprio Speedy Gonzales coi giudizi, eh.
Come è facile puntare il dito.
Almeno lo riconosco, di essere così veloce nel formulare questo lapidario pensiero distruttivo che mi ha rapito il cervello e si nutre di frustrazione e rabbia. Draghi malvagi, prendetevi la residenza altrove, purchè fuori dalla mia mente, please.
Piuttosto: come mi permetto io di giudicare un uomo come lui?
Oggi ho anche scoperto che continua a dare fiducia e lavoro a persone che lo hanno derubato in passato e quindi - a mio giudizio - tradito.
Ho sentito raccontare da Piedone un episodio che riguarda Marlboro, il driver di Bambo Francis, e altri suoi collaboratori.
Lavoravano per lui nella missione che ha costruito. Ad un certo punto hanno fatto sparire pannelli solari e altri elementi della struttura, li hanno rivenduti e sono stati scoperti.
Sono stati licenziati. Questo accadeva un paio di anni fa.
Marlboro ora lavora nuovamente per lui.
Oggi abbiamo visto Bambo Francis regalare scarpe e delle maglie ad una donna - la sua ex cuoca - che faceva parte della "banda".
E' un semplice esempio di perdono cristiano o c'è un'altra logica che mi sfugge? Comunitaria, africana - non sono sicura di riuscire a capire. Io potrei? Perdonare, regalare nuova fiducia?
Impossibile non giudicare. Ma sospendere il giudizio si, si può.
Vorrei chiedere a Bambo Francis perchè. Sono curiosa, ho bisogno di sentire la sua motivazione.
Ho però paura di essere inopportuna, indiscreta.
Quello che stiamo facendo, i nostri pozzi, sono una goccia nell'immensità di questa arida savana. Tuttavia sono oceani, meravigliosamente ricchi di risorse per le persone che ne beneficiano.
Non cambiano l'Africa. Cambiano la vita di quelle migliaia di africani che li utilizzano.
Per quelle persone - bambini per lo più - ecco perchè e per chi siamo qui.
Ho cercato di incontrarli, guardarli negli occhi, oggi.
Non è per una causa ideale. E' qualcosa di concreto, semplice, reale.
C'è un'idea che ci muove, certo. Qualcosa di universale, umanitario.
Va bene, bravi noi. E' nobile, notevole.
Eppure.
Non regge. Per me, l'ideale non regge.
Qui la vastità dei problemi, le mancanze e le difficoltà crudeli che circondano queste persone mi sembrano insormontabili.
Il miglioramento è un percorso accidentato. Lento e discontinuo. Altro che KAIZEN.
Ciò che regge di fronte al muro dell'impotenza che io - per ora - avverto troppo solido qui intorno,
è il sorriso dei bimbi ai quali rendiamo la vita più semplice.
Per quello sì, ne vale la pena.
Se allargo la visuale - l'Africa e la vastità che ci circonda, sono troppo grandi.
Mi sento piccola e impotente - non riesco a sentire di avere il "potere" di migliorarne la condizione.
Lavoravano per lui nella missione che ha costruito. Ad un certo punto hanno fatto sparire pannelli solari e altri elementi della struttura, li hanno rivenduti e sono stati scoperti.
Sono stati licenziati. Questo accadeva un paio di anni fa.
Marlboro ora lavora nuovamente per lui.
Oggi abbiamo visto Bambo Francis regalare scarpe e delle maglie ad una donna - la sua ex cuoca - che faceva parte della "banda".
E' un semplice esempio di perdono cristiano o c'è un'altra logica che mi sfugge? Comunitaria, africana - non sono sicura di riuscire a capire. Io potrei? Perdonare, regalare nuova fiducia?
Impossibile non giudicare. Ma sospendere il giudizio si, si può.
Vorrei chiedere a Bambo Francis perchè. Sono curiosa, ho bisogno di sentire la sua motivazione.
Ho però paura di essere inopportuna, indiscreta.
Quello che stiamo facendo, i nostri pozzi, sono una goccia nell'immensità di questa arida savana. Tuttavia sono oceani, meravigliosamente ricchi di risorse per le persone che ne beneficiano.
Non cambiano l'Africa. Cambiano la vita di quelle migliaia di africani che li utilizzano.
Per quelle persone - bambini per lo più - ecco perchè e per chi siamo qui.
Ho cercato di incontrarli, guardarli negli occhi, oggi.
Non è per una causa ideale. E' qualcosa di concreto, semplice, reale.
C'è un'idea che ci muove, certo. Qualcosa di universale, umanitario.
Va bene, bravi noi. E' nobile, notevole.
Eppure.
Non regge. Per me, l'ideale non regge.
Qui la vastità dei problemi, le mancanze e le difficoltà crudeli che circondano queste persone mi sembrano insormontabili.
Il miglioramento è un percorso accidentato. Lento e discontinuo. Altro che KAIZEN.
Ciò che regge di fronte al muro dell'impotenza che io - per ora - avverto troppo solido qui intorno,
è il sorriso dei bimbi ai quali rendiamo la vita più semplice.
Per quello sì, ne vale la pena.
Se allargo la visuale - l'Africa e la vastità che ci circonda, sono troppo grandi.
Mi sento piccola e impotente - non riesco a sentire di avere il "potere" di migliorarne la condizione.
Forse non c'è una cippa
da migliorare
- in assoluto intendo -
se non qualcosa di
PICCOLO E IMMENSO
come la giornata di un
bimbo che vive qui
Stasera, complici la delusione e la stanchezza dell'attesa di Fox & soci, siamo schiacciati da pensieri negativi e sconfortanti sui nuovi "competitors" scavapozzi.
Domani è il giorno della verità. Stiamo a vedere.
Ciao Jose! Benvenuto, verrò a visitare il tuo blog! Buona vita anche a te
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