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giovedì 29 gennaio 2015

Lunedi sbagliato - African Journal DAY 17

(Stai leggendo una pagina di AFRICAN JOURNAL - il diario del mio viaggio in Zambia nel 2012.
Trovi il resto sotto l'etichetta Africa. Sì, qui le cose semplici vanno alla grande.
Se vuoi altre info sull'associazione con cui sono partita, scrivimi, orsù: esplorattrice@gmail.com)

h 20:00 - Mpangwe

Odio i lunedì. 
Questa giornata è stata cocente. Di sole e di delusioni. 
Le menzogne, le bugie. Ecco il veleno. La verità non mi fa così paura. Sono le menzogne ad avvelenare, il cuore, l'entusiasmo, la purezza. Che delusione profonda, come un lago ghiacciato in fondo alla pancia, ecco ciò che ho provato oggi.

Il villaggio di Cacevere o come cavolo si chiama, ci ha mentito. Tutto un villaggio ci ha preso per i fondelli. Questa poi.
Quel catino con l'acqua melmosa che ci hanno mostrato l'altro giorno, è stata un'esca studiata per impietosirci. Forse.
Questo dubbio ci ha scavato una fossa sotto ai piedi e da quella condizione - con lo stupore triste di quella incerta scoperta negli occhi - non riuscivo già più a guardare con lo stesso sguardo quei bimbi intorno a noi.
Quanto è accecante la rabbia? Abbiamo ricevuto uno sgambetto così ingrato da ammutolirci.



Il lavoro oggi è ricominciato sotto il nostro sguardo disilluso e nella sua maldestra continuazione ci ha seppelliti ulteriormente nella nostra fossa scomoda. Il peso di questa giornata - senza cibo e senza speranza - ci è gravato addosso.

Cosa diamine è successo? Ebbene, siamo arrivati al villaggio dove oggi erano previsti i lavori di completamento dello scavo e a 50 metri dal luogo in cui abbiamo realizzato il buco del pozzo, abbiamo individuato, dietro a dei cespugli, un'altro pozzo, di quelli scavati a mano. Ci era, diciamo, sfuggito. O meglio, ci era stato volutamente nascosto.
Ma cacchio. Oggi nessuna donna del villaggio si è presa la briga di evitare di utilizzarlo come l'altro giorno. Ci siamo visti sfilare queste donne con il loro carico di acqua nella tanica sopra alla testa e ci si è stampato un punto di domanda sulla fronte. Ma come cazz..
Se ci avessero parlato di questa risorsa, proprio perché i pozzi scavati a mano restano senza acqua per lunghi periodi, avremmo comunque scelto di realizzare l'opera. Questa bugia, questa furbizia, l'averci nascosto la verità ha avvelenato l'atmosfera. Vogliamo portare aiuto e ci prendono in giro?
Facciamo lo sforzo di raccontarci una storia diversa: "Vogliono garantirsi che l'opera venga realizzata e perciò si prendono il rischio?" Non so davvero.
Forse, come ha commentato Bambo Francis con il suo sorrisetto serafico, "Fregare i bianchi è una soddisfazione doppia".
Che amarezza.

Ci si mette pure Fox. Prova a ricominciare i lavori senza i tubi in acciaio inox. E alloooora?
E per chiudere in bellezza sta giornata buia - i suoi operai ci mettono 5 ore - 5 oreeee??? - di lavoro per fissare la pompa, dimostrando senza ritegno una finora celata incapacità. Se avessi chiamato mio nipote di 8 anni coi suoi compagni di classe a concludere l'opera ci avrebbero messo meno. Dio della savana.


Ah non è finita - vorrebbero lasciar completare la colata di cemento alla gente del villaggio. Dobbiamo insistere perché finiscano loro, porca di quella papaya, vi paghiamo per finire il lavoro non per delegarlo al "cliente". Manco all'Ikea.

In questo clima da nervi a fior di pelle ci rendiamo pure conto che Bridge è semi sparito con i nostri 100 dollari per la benzina. Altro?!

Oggi è uno di quei giorni sbagliati. Non ne è andata dritta una.
E' Bambo Francis, l'unico superstite nel corpo e nello spirito - ce lo sottolinea stasera davanti ad alcune foto su un libro che lo ritraggono giovane e forte, con altri missionari ormai "saliti dal Capo". E' superstite di tutta questa dura vita africana, quella che oggi non digeriamo facilmente ed è lui stasera, colto il nostro forte malumore a dirci " Non scoraggiatevi."
Sembra particolarmente di buonumore stasera Bambo Francis, forse gode del proprio "callo" per queste delusioni, è allegro e ci ammonisce leggero a non farci sopraffare dai problemi.
"Non si può stare senza ostacoli, sai che noia!?" Lo invidio.
Come si arriva a 80 anni suonati con questo spirito?

Sono con lui nella saletta tv. Vorrei trovare il coraggio per fargli quella domanda stasera. La mia, quella che ho da fargli da prima di incontrarlo. Gli vorrei chiedere un salto indietro con la memoria di oltre 60 anni, a lui, potenziale testimone, nato e cresciuto nello stesso paese della mia mamma, di quello che sembra un mistero irrisolto. Ombre della mente, forse lui può scacciarle o dar loro un nome.
Sono qui seduta a fianco a lui, ora sta parlando col prete zambiano di passaggio che stasera alloggia nella missione. Parlano del più e del meno, ma non ho il coraggio di interrompere.
Ora è arrivato Padre Gattone. Forse il momento giusto l'ho perso, per aprire la porta su quel mio universo sospeso.  Resto qui e aspetto.
Non so cosa incida di più: se la giornata carica di delusioni, aver saltato il pranzo per seguire con frustrazione i lavori, la lettura colma di dolore del romanzo che sto finendo, le ombre dei miei pensieri negativi, la mia pancia dolorante di donna che anche questo mese non è madre.. sta di fatto che sono così giù stasera. Scossa, scarica, turbata-
E da questa placenta grigia in cui mi trovo cerco di nascere ad una verità che affronto come un Kamikaze, per non sentire la paura.

Prima di dormire cerco un pensiero felice di questa giornata storta. Ci deve essere.

Eccolo.
Eccolo: mentre raggiungevamo il villaggio per i lavori di oggi, siamo passati al limitare di un altro villaggio. C'era un gruppo di bimbi, alcuni giocavano a pallone in uno degli immensi campi da calcio (Spiazzi immensi di savana, liberi dagli arbusti e con le immense porte in legno ai lati corti. Anche holly & benji sarebbero in affanno a percorrerli per lungo).
Quando siamo passati nella pista a fianco con la jeep, hanno mollato la partita a metà e hanno iniziato a rincorrerci.
Non hanno smesso alla fine del villaggio, come solitamente accade, hanno continuato anche oltre e nonostante andassimo piuttosto piano, abbiamo messo qualche metro di distanza tra noi e loro.
Man mano desistevano, ma uno di loro aveva proprio in mente di raggiungerci.
Ha corso senza sosta, ha messo il turbo ed è arrivato con il fiato corto in gola a toccare la jeep. Rallentando quasi a passo d'uomo lo abbiamo caricato dal cassone.
Ha lanciato uno sguardo di vittoria ai suoi amichetti ormai lontani, da sotto le gocce di sudore.. e come sorrideva! Come sorrideva, nonostante l'imbarazzo poi di trovarsi lì con noi, bizzarra gente pallida.








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